“ORRORE E SANGUE A ROMA – LA STORIA DELLA STRAGE DELL‘ACQUASANTA“

Articolo di Marco Di Stefano

Il fato spesso ci pone di fronte a delle scoperte sconcertanti che riguardano episodi dimenticati della nostra vita. Quando si cita il proverbio “tutti i nodi vengono al pettine”, pensiamo sia solo un modo di dire, ma non è sempre così. Può accadere, infatti, che un’esperienza fatta tantissimi anni prima e che allora ci ha lasciato immersi in tanti interrogativi, improvvisamente, dopo tanto tempo, abbia una risposta. Leggendo un libro scritto dal giornalista Enrico Malatesta, intitolato “Orrore e sangue su Roma, Padre Pio e la strage dell’Acquasanta”, ho potuto comprendere e dare finalmente una risposta a uno strano evento capitatomi in quel luogo. Il libro, che offre una ricostruzione documentale di un tragico episodio avvenuto durante la Grande Guerra, narra in modo minuzioso e particolareggiato dell’esplosione della Polveriera Acquasanta di Roma. Io svolsi il mio servizio militare proprio in questa caserma esattamente nel luogo, dove avvenne l’enorme deflagrazione. Quando ho letto il libro, ho fatto letteralmente un salto dalla sedia perché improvvisamente un ricordo ormai sopito dal tempo si è dolorosamente risvegliato. Vi siete mai chiesti quando arrivate in un luogo storico alle cose che li sono capitate?
Ebbene questa storia che vi sto per narrare racconta di una strana esperienza accadutami durante il mio soggiorno obbligato al Centro Controllo Scorte Acquasanta di Roma, una base dell’Aeronautica Militare Italiana. La caserma era nata intorno alle mura della vecchia Batteria Appia Pignatelli realizzata tra il 1883 e il 1888. Posta in posizione arretrata rispetto ai Forti Appia Antica e Casilina, insieme alla Batteria Porta Furba aveva il compito di difendere l’accesso alla città dalle omonime consolari, controllare le aree pianeggianti tra Appia Pignatelli e Appia Antica e l’acquedotto Claudio.
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Entrata della Batteria Appia Pignatelli 2017

Nella fotografia si vede l’entrata della Batteria Appia Pignatelli  intorno alla quale si trovavano le infrastrutture del (C.C.S.) Centro Controllo Scorte Acquasanta di Roma, e ancora prima del IX° Deposito Centrale A.M., oggi, Reparto Sistemi Informativi Automatizzati (ReSIA), dove nel 1986 svolsi il mio servizio militare nella specializzazione della Vigilanza Aeronautica Militare (VAM).
Inizia da questo posto la mia storia. Immagini che riemergono vivide dalla nebbia del tempo e ciò che segue è il resoconto di quanto avvenne quella notte di trentuno anni fa:

La muta esce dal Corpo di Guardia, immediatamente la notte buia e senza luna avvolge la fila di uomini nel suo mantello. Ognuno solitario insieme ai suoi pensieri. Il freddo pungente irrigidisce le membra che cercano negli indumenti ancora caldi l’ultimo tepore della branda appena lasciata. Le teste semi nascoste dagli elmetti d’acciaio ciondolano lievemente a destra e a sinistra accompagnando il passo stanco degli uomini da poco svegli. Il mitra portato a bandoliera batte ritmicamente contro le braccia strette al corpo con le mani che cercano il calduccio nelle capienti tasche delle mimetiche. Il peso dei quattro caricatori fa scivolare il cinturone di cuoio colorato di azzurro e di tanto in tanto qualcuno con un veloce movimento rotatorio lo rimette al suo posto tirandolo un pochino più sopra. “L’altolà chi va là”, esplode veloce e meccanico dall’altoparlante dell’altana posta tre metri più in alto del manto stradale. Il Graduato di muta, l’unico con il basco grigio azzurro, l’arma con la canna rivolta verso il basso che porta ciondoloni sulla spalla destra quasi volesse somigliare a un vecchio cacciatore, si fa riconoscere e lentamente la fila di uomini sale le scale. Il cambio è veloce, il nuovo entra nell’altana e il vecchio esce ed entra nella fila. Il primo, chiudendosi la porta blindata alle spalle, prende contatto con una realtà lunga due ore, il secondo invece assapora le quattro ore di riposo che lo aspettano nel caldo e la sicurezza del Corpo di Guardia. La fila di uomini riprende il suo cammino, nessuno parla. Il battere degli anfibi sull’acciottolato fa da compagnia alla spettrale colonna che nel suo incedere produce un suono unico che solo una sentinella in attesa sa riconoscere. La nebbia nasconde e confonde nel suo abbraccio questi soldati comandati di guardia. Un nuovo secco, “altolà chi va là”, si propaga improvviso nell’aria. Dietro il muro, defilata nell’ombra dell’ampio piazzale, la sentinella smontante aspetta la risposta del Graduato. Il cambio è veloce, il rituale degli scambi di consegne è presto fatto e un nuovo elemento si aggiunge silenziosamente al gruppo. Il terreno cambia non più asfalto e ciottoli ma terra battuta e scricchiolio di ghiaia sotto le suole degli anfibi. Intorno non più nuovi edifici ma tanta vegetazione, alberi ad alto fusto, siepi e grovigli di rovi spinosi fanno da sipario ai massicci muri grigi e soffocanti della Batteria Appia Pignatelli. La sensazione che si prova percorrendo questo viale è quella di sentirsi proiettati in una altra epoca e un poco spaventa quell’enorme bastione che ti attende nel buio. In fondo al lungo viale sì riesce a intravedere l’antico portone. Nuovamente l’atteso “altolà chi va là” rimbomba tra quelle vecchie mura. La muta si ferma e il riconoscimento è veloce, “Graduato riconosciuto, avanti cambio” urla la voce nascosta dalla notte viscida e nebbiosa. Mi stacco dalla fila e vado incontro alla sentinella, nemmeno ci salutiamo basta un’occhiata fugace per dire tutto ciò che sentiamo. Mi pongo al lato del portone. Guardo la fila di uomini che si allontana e a ogni loro passo in avanti, io mi sento più solo. Durante queste lunghe ore notturne c’è sempre la nebbia ed è buio pesto, nessun lampione. Solo in lontananza all’inizio del viale, dopo la sbarra, si vedono le luci della caserma. Il piazzale è circondato da alti Pini, che se agitati dal vento riempiono l’aria di lugubri rumori e mormorii. I rapaci notturni, in maggioranza i Barbagianni, mi volano sulla testa, non li vedo ma sento il fruscio delle loro grandi ali. Talvolta odo i loro richiami stridenti e sibilanti, altre dei trilli acuti. Ho imparato, con l’esperienza, a proteggermi stando appoggiato di spalle alla parete, mi nascondo nell’ombra e mi mantengo ben defilato alla vista. Dalla discesa in terra battuta, non senza farmi sobbalzare dallo spavento, scende lentamente, di tanto in tanto, la ronda. Questa è la polveriera dell’Acquasanta e sempre mi chiedo cosa c’è dietro quest’ampio portone. (1) A destra ci sono delle rovine, frutto di un bombardamento alleato del 1944. Le bombe distrussero il portale d’ingresso, il corpo di guardia, il ponte levatoio, parte del muro frontale e l’accesso alla polveriera. Gli anziani del nostro reparto tramandano, corso dopo corso, la leggenda che in quel bombardamento morirono dei soldati germanici i cui resti si trovano ancora sotto quel cumulo di macerie. La storia dei soldati tedeschi, la notte oscura, i Barbagianni, l’onnipresente nebbia, mi fa odiare questa postazione di guardia e questa notte avrò un motivo in più per temerla. Improvvisamente odo provenire dall’interno della polveriera una tetra musica. Mi guardo intorno e faccio anche qualche passo per sentire meglio. Arriva dall’interno del portone non c’è alcun dubbio. Sento venirmi la pelle d’oca e quella strana sensazione vibrante dietro la nuca. Giro la testa a destra e a sinistra, cercando un aiuto che non ho. Vorrei suonare l’allarme, un aggeggio grande come un pacchetto di sigarette che porto appeso al taschino. Non lo faccio per paura di essere preso in giro. Minuto contro minuto ora contro ora con la musica spettrale che mi accompagna nella mia guardia. Cessa poco prima del cambio e nelle guardie successive non ritorna più. Non ho detto nulla per non spaventare il mio sostituto e questa è la prima volta che lo racconto. Questo episodio definiamolo “soprannaturale” è stato l’unico al quale ho assistito nel corso di quell’anno di leva alla Caserma Acquasanta.

(1) Durante la Seconda Guerra Mondiale la Batteria Appia Pignatelli e gli edifici intorno a questa  furono occupati dalle forze tedesche che ne fecero un deposito di carburanti e probabilmente di esplosivi. Una dettagliata  descrizione  che lo conferma è riportata nella Relazione ufficiale del 1944 del Gruppo clandestino “Fossi” che nel bollettino relativo ai movimenti dei tedeschi scrive “il 20 febbraio alle ore 20, elementi corazzati “Pantera” (circa 20) si sono riforniti di carburante al Forte Appio e al Forte Acquasanta (Appia Antica e Appia Pignatelli)”.

La verità è molto più agghiacciante, altro che tedeschi. Per fortuna non me l’hanno mai raccontata per bene altrimenti non so con che forza avrei potuto montare di guardia in quel luogo la notte.
Settanta anni prima che io arrivassi da militare in quella base, proprio nello stesso punto dove ho fatto tante guardie notturne, il 24 agosto 1917, ci fu l’esplosione della Polveriera dell’Acquasanta.

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Macerie dopo l’esplosione
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Entrata della Polveriera 1917

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Entrata della Batteria Appia Pignatelli

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Batteria Appia Pignatelli presumibilmente anno 1916 /1917. E’ interessante notare che in questa fotografia è ritratto solamente un edificio della polveriera, manca infatti il secondo non ancora costruito, non ci sono nemmeno gli edifici che compaiono nella fotografia sottostante scattata dopo lo scoppio, tranne quello a destra parallelo alla strada, oggi ancora esistente.

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Batteria Appia Pignatelli 1917 dopo l’esplosione, si possono notare i due edifici della Polveriera in macerie. Inoltre è interessante notare i tre edifici (nella fotografia successiva evidenziati in verde, oggi ancora esistenti. 

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Acquasanta (Re.S.I.A.)  2020. I rettangoli rossi indicano l’esatta posizione degli edifici della Polveriera. I rettangoli verdi indicano gli edifici già esistenti nel 1917.

Uno scoppio che per tragica fatalità, nell’allora Reparto di Artiglieria Aerea, perirono più di 240 militari del Regio Esercito.
Erano scoccate le 20 e trenta, quando a Roma una micidiale esplosione riecheggiò violentemente in tutta la capitale. L’immane fragore fu così intenso da essere udito fino in centro, al palazzo della Regia Questura. Il primo pensiero del questore dunque, per la portata dell’onda d’urto, corse subito sul filo dell’angoscia, alla possibile esplosione della polveriera di Centocelle.
Solo più tardi si scoprirà che quell’immensa sciagura riguardava invece la Caserma dell’Appia Nuova.
La Caserma Appia, altro non era che il Vecchio Forte dell’Acqua Santa, ovvero il deposito carburanti per Aerostati e Dirigibili. In estrema segretezza e fuori del recinto murario del Forte, erano stati approntati due enormi capannoni che rilevati da privati, dopo lavori di ampliamento, erano stati attrezzati per la fabbricazione di bombe da lanciare proprio da mezzi d’aria come aerostati o palloni, sulle trincee nemiche.
Quei poveri soldati furono dilaniati dell’esplosione, i loro poveri resti non meritarono neanche il rispetto del proprio nome perché raccolti sommariamente in cassoni della Croce Rossa, in un ammasso confuso, tra ossa, detriti, membra umane e macerie, in una melma fatta di terricci e sangue. “Agghiacciante” fu l’affermazione del dirigente della Questura, presente al recupero dei caduti.
Ancora oggi la tragedia è coperta dal più stretto riserbo, tanto da richiedere l’applicazione del “Segreto Militare di Stato”.
In seguito allo scoppio si parlò di almeno 98 morti. Le autorità preposte all’indagine propesero per la tesi che all’origine del disastro c’era stata la deflagrazione di una piccola quantità di perclorato di ammonio, mentre veniva triturata prima di essere utilizzata per caricare le granate. I morti, in realtà, furono molti di più. Incrociando i documenti militari con altri altrettanto sconosciuti e segretati della Questura di Roma, si è scoperto che i morti del Forte dell’Acqua Santa, alias Batteria Appia Pignatelli, sono più di 240 e che, oltre i 98 artificieri dichiarati morti, gli altri sono tutti ragazzi tra i diciassette e i vent’anni, analfabeti e soldati di bassa forza, senza la minima cognizione e competenza da artificiere, ai quali segretamente era stato affidato il medesimo incarico: armare bombe, granate ed altri proietti, con polveri anche scadenti. Di questi ultimi, a tutt’oggi, a distanza di cento anni, non se ne conosce né nome, né cognome, tanto meno si conosce la doverosa sepoltura delle loro spoglie .… senza ne nome, ne bara. 

Ora comprendo quella sensazione di disagio che provavo ogni volta mi mettevano di guardia in quel posto. Credo che certe esperienze “sovrannaturali” accadano a persone particolari. Io nella mia vita ho avuto altre esperienze del genere. Queste durarono per circa dieci anni, dai diciotto ai ventotto anni, poi scomparvero come erano iniziate. Per tali motivi sono convinto che quella notte accade davvero qualcosa che va oltre la mia comprensione. Ribadisco che allora non sapevo della strage avvenuta in quel posto. Mi lascia perplesso il fatto che noi militari non fummo mai avvisati di quanto era accaduto in quella caserma. Una strage di questa portata non si può dimenticare. Oggi so che diversi Ufficiali e sottufficiali ne erano a conoscenza. La gente del luogo nel passato, ho saputo, diceva ai bambini di non passare di fronte alla caserma perchè c’erano i fantasmi, forse avevano ragione.

Leggendo il libro sulla strage dell’Acquasanta del Professor Enrico Malatesta, ho notato che la documentazione, inedita, raccolta e pubblicata, redatta dalle autorità militari dell’epoca benché sia molto dettagliata sullo scoppio è invece carente sul destino della gran parte dei resti smembrati dei poveri soldati. Una piccola parte di questi, 55 corpi interi, 13 casse di frammenti, un busto e due teste, (cit. dal libro) furono trasportati dai camion della Croce Rossa presso il Cimitero del Verano di Roma, la documentazione presente nel libro, però, resta molto vaga sulla fine che fecero gran parte degli altri resti. Oggi sappiamo che i caduti sono stati più di 240 e temo che ancora si trovino all’interno dell’Acquasanta, forse sepolti frettolosamente per nascondere l’effettivo numero dei morti causati dall’esplosione che l’inchiesta del Professor Malatesta, cento anni dopo ha riportato alla luce. Una richiesta d’aiuto, forse fu questa che udii quella notte. Soldati occultati con premeditazione tra i migliaia caduti nella Grande Guerra. Il lamento di soldati dimenticati che nessuno ha più cercato. Nel 1986 vi fu un’importante ristrutturazione della Base dell’Acquasanta. Gli avieri (Squadra Diego) che normalmente si occupavano dei vari lavori di manutenzione e giardinaggio nella caserma, furono incaricati di ripulire i cunicoli all’interno della Batteria Appia Pignatelli. Gli fu detto che durante questo lavoro c’era la possibilità di ritrovare dei resti umani (che fortunatamente non trovarono) e gli fu spiegato anche per quale motivo. Questa testimonianza è molto importante poiché se in seguito allo scoppio del 24 agosto 1917 avvenuto all’esterno delle mura della Batteria, tutti i resti dei caduti furono trasportati al cimitero del Verano, allora perché nel 1986 durante i lavori di manutenzione nei cunicoli all’interno della Batteria si temeva di ritrovarne ancora altri. Mi chiedo, infatti, settanta anni dopo perché qualcuno sospettava o temeva che potessero esserci resti umani nei cunicoli ma soprattutto, se ci fossero stati: come ci erano arrivati?

Io sono di Velletri, una città in provincia di Roma, durante la ricerca d’informazioni per scrivere quest’articolo mi sono imbattuto nei nomi dei caduti provocati dallo scoppio della polveriera.

I settantanove nomi risultanti nella trascrizione del certificato mortuario riportano tra gli altri i nomi di tre militari di Velletri, miei concittadini, deceduti il 24 agosto 1917 nella deflagrazione:

  • SIMONETTI UMBERTO di Luigi e di Mariani Augusta. Nato a Velletri 28.03.1884 (33 anni), celibe. Nell’Albo D’Oro del Ministero della Guerra dove sono riportati i nomi di tutti i caduti della Grande Guerra è censito come: soldato del 3° Reggimento Artiglieria da Fortezza, deceduto il 24 agosto 1917 in seguito ad infortunio per fatto di guerra.
  • CERACCHI GIUSEPPE di Giovanni e Cavola Maria. Nato a Velletri il 5.03.1886 (31 anni), coniugato con Ambroselli Maria. Soldato del 3° Reggimento Artiglieria da Fortezza, disperso il 24 agosto 1917 ad Acquasanta (Roma) nello scoppio della Polveriera.
  • CHIESI ANGELO di Oreste e di Novara Emilia. Nato a Velletri il 21.10.1890 (27 anni), celibe. Soldato del 18° Reggimento di fanteria, morto il 24.agosto, 1917 per infortunio.

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Ci sono voluti ben cento anni, per ottenere nel 2017 un riconoscimento ufficiale da parte dell’Arma dell’Aeronautica per le vittime della strage. Riconoscimento ottenuto grazie all’inchiesta del Professor Enrico Malatesta per mezzo della quale l’Aeronautica Militare ha deciso di porre finalmente una lapide commemorativa in loco per ricordare la strage dell’Acquasanta.

Questo seguente è l’articolo pubblicato dal sito dell’Aeronautica militare in occasione della presentazione del libro ” Orrore e sangue su Roma – Padre Pio e la strage dell’Acqua Santa” di Enrico Malatesta – ARTEBARIA EDITORE. 

“Mercoledì 13 settembre 2017, si è svolto presso il sedime militare dell’Acquasanta, attuale sede del ReSIA dell’Aeronautica Militare un evento commemorativo per celebrare il centenario dell’esplosione della Polveriera dell’Acquasanta (24 agosto 1917) ove, per tragica fatalità, nell’allora Reparto di Artiglieria Aerea, perirono circa 240 militari del Regio Esercito.”

Fonte:” Orrore e sangue su Roma – Padre Pio e la strage dell’Acqua Santa” di Enrico Malatesta;

Fonte: Progetto Forti – Batteria Appia Pignatelli;

Fonte: Relazione ufficiale del 1944 del Gruppo clandestino “Fossi”;

Fonte: ALBO D’ORO DEL MINISTERO DELLA DIFESA DEI CADUTI NELLA GRANDE GUERRA;

14 risposte a "“ORRORE E SANGUE A ROMA – LA STORIA DELLA STRAGE DELL‘ACQUASANTA“"

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  1. Buongiorno Marco mi chiamo Carlo Pasquini e anche io ho svolto il servizio militare presso la caserma dell’Acqua Santa,facevo parte del 156° Corso però ero un generico,o sciacquino,come dicevate voi Vam.Ho visto che parte del mio servizio coincide con il periodo in cui sei stato anche te militare.Perdonami non mi ricordo di te,può anche darsi che abbiamo fatto qualche ronda insieme visto che le ronde erano miste e di ronde ne ho fatte tante.Facevo parte del “gruppo” dei toscani,visto che non so per quale oscuro motivo nel mio corso sono stati diversi i miei conterranei assegnati a quella caserma.Ho trovato per caso il tuo blog a causa di mia figlia.Ha trovato una mia vecchia foto dove sono vicino all’ala dell’aereo che si trova vicino al forte e voleva sapere dove avevo fatto il militare.Ovvia,chiuso questo preambolo,ti volevo parlare del forte.In caserma io facevo parte della “Squadra Diego”che se ti ricordi si occupava di vari lavori di manutenzione e giardinaggio della caserma.Quante volte ho tagliato l’erba intorno e sopra al forte e le aiuole che si trovano vicino all’entrata sono tutte opere nostre.Nell’anno in cui ho prestato servizio fu deciso di ristrutturare il forte(se ti ricordi il 2 Giugno ci fu una festa)e il grosso del lavoro toccò alla mia squadra:abbiamo ripulito tutti i cunicoli che c’erano dentro il forte e fu in quella circostanza che venni a sapere che c’era la possibilità di trovare resti umani(che non trovammo) e mi fu raccontato anche il perchè.Ma la cosa più interessante fu quando ci misero a ripulire dietro il forte dove c’erano le rovine:ci fu detto di prestare la massima attenzione a tutto ciò che fosse di metallo e insieme a noi c’erano due artificieri (ma questo ci fu detto dopo,forse credevano che ci si rifiutasse di lavorare).Infatti mi ricordo che prima di tagliare i rovi che ricoprivano le rovine loro controllavano con un cercametalli.Anche in quella circostanza non trovammo niente di rilevante,però ripensando al rischio che abbiamo corso…..Da quando ho finito la naia non sono più tornato laggiù,e volevo sapere da te(se lo sai) se la caserma c’è ancora e se il forte è visitabile.Aspetto una tua risposta e nell’occasione ti ringrazio per avermi fatto tornare in mente luoghi e situazioni che hanno fatto parte della mia vita

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    1. Ciao Carlo, anch’io non mi ricordo di te ma è normale eravamo tanti. Chissà probabilmente abbiamo anche fatto qualche ronda insieme. Molto interessante la tua testimonianza. Evidentemente sapevano bene cosa era accaduto nella base nel 1917 e per questo anche a distanza di molti anni si stava attenti a eventuali ordigni inesplosi e al rinvenimento di resti umani. La caserma c’è ancora si chiama Resia dalla fine degli anni 80 (Reparto Sistemi Informatici Aeronautica) e non più CCS (Centro Controllo Scorte) Acquasanta. Ci sono stato a giugno scorso, c’è stata una rimpatriata degli ex dell’Acquasanta. Cerano un sacco di Sottufficiali e Ufficiali, molti che stavano con noi nel 1986. Una grossa emozione credimi. Purtroppo il Capitano Ragonesi (Era il Comandante della Sezione Difesa) quello cicciotto con la barba (non so se lo ricordi) non c’era, stava male ed è venuto a mancare ad agosto di quest’anno. E’ morto anche il Colonnello Mezzoprete (poi Generale) comandante dell’Acquasanta quando c’eravamo noi. La Caserma non è cambiata per nulla, c’è ancora il Corpo di Guardia, gli stessi edifici, il campo sportivo, sembra che gli anni non siano mai passati. Mi ha fatto piacere leggere quello che hai scritto e ti ringrazio per avermi scritto. Un abbraccio

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  2. Ricordo anche io.Sono arrivato All Acquasanta a Luglio del 1985 fino a Maggio 1986.Ero VAM del 154esimo corso.Me lo ricordo benissimo il comandante Mezzoprete mi voleva molto bene,me sequestrava spesso la mia chitarra..anche Aragonesi.Gli dipinsi le stanze della casa che aveva in caserma.Ricordo il maresciallo De Vivo.ricordo Diego,si chiamava come me, faceva il giardiniere nella caserma…Ripenso a quei tempi con tanta nostalgia davvero.Mi fa davvero piacere vedere qualcuno scrivere qui, presente allora.Certamente ci siamo conosciuti.

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  3. Ciao Diego, sicuramente ci siamo conosciuti. Io sono un 161° corso e arrivai all’Acquasanta a marzo del 1986. Mi ricordo che c’era un VAM anziano che si chiamava Marco Lombardi. Mezzoprete come si fa a non ricordarlo… purtroppo è morto diversi anni fa. Anche il Capitano Ragonesi non c’è più è morto l’anno scorso dopo una lunga malattia. A giugno del 2019 abbiamo fatto un raduno all’Acquasanta, c’erano molti Marescialli e avieri, c’era anche il maresciallo Cepparulo, e tanti altri, una bella giornata. Fa piacere anche a me ritrovare qualcuno che c’era a quei tempi e come vedi se scrivo dell’Acquasanta ti garantisco che di nostalgia ne ho tanta anch’io. Ciao Marco

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  4. Grazie per la ricostruzione. Sono nipote di uno dei ragazzi morti il 24 agosto. Lui si chiamava Giovanni Capanna. Era il mio bisnonno. Non ho mai saputo molto di più tranne che era morto per lo scoppio di una polveriera. Lasciò una moglie e tre bambini di pochi anni. Oggi, grazie a lei, ho scoperto cosa esattamente accadde. Gliene sono grata.

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    1. Gentilissima Sig.ra Silvia, la ringrazio di cuore per il suo commento. Ho fatto delle ricerche sul suo bisnonno Giovanni Capanna. Risulta effettivamente che cadde nell’esplosione della polveriera Batteria Acquasanta insieme ad atri 78 uomini. Capanna Giovanni Francesco di Liberato, nato a Chieti il 15/5/1879, arruolato nel Distretto Militare di Chieti, apparteneva al 18 Reggimento Fanteria, la causa di morte sull’Albo d’Oro dei caduti della Grande Guerra è per “Infortunio”, il luogo del decesso “Roma”.
      Cordialmente la saluto

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  5. Buongiorno a tutti , sono un ex aviere del 2°/80 pari corso del 92° corso vam, ero in servizio presso la mensa ufficiali, ricordo con piacere il capitano Ragonese, il colonnello Castellani allora Comandante della caserma Acquasanta, il sergente De Vivo con i suoi ray -ban scuri un carissimo amico,e tanti altri, eravamo una bella compagnia, mi piacerebbe rivedere la caserma dopo 42 anni, ogni volta che ci passo davanti mi ritornano in mente ricordi e persone, qualcuno sa se è possibile? grazie, e un saluto a tutti.
    Alessandro Contigliani

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      1. Sono Dimitri Ticconi, non ho fatto servizio all’Acquasanta, ma come se l’avessi fatto. Mio padre, all’epoca maresciallo, Giuseppe Ticconi era il capo servizio impianti della base. Ho letto l’articolo di Di Stefano e le diverse risposte. Si fariferimento ai lavori per rendere praticabili e visitabili gli ambienti del Forte. Ebbene questi lavori furono sovrintesi di mio padre. Per inaugurarli fu organizzata una giornata straordinaria di apertura della base, alla quale parteciparono le famiglie dei militari e civili di servizio. Ricordo molto bene il gran lavoro fatto, papà era particolarmente orgoglioso del fatto che furono i ragazzi di leva a liberare tutti gli ambienti del Forte e renderli agibili. Sono sicuro che lui sapesse molto bene delle circostanze narrate circa lo scoppio della batteria. Purtroppo papà è venuto a mancare molti anni fa, nell’ottobre 2005. Ricordo benissimo la bellissima figura del c.te Castellani, come anche quella di Proietti quindi Mezzoprete. Il capitano Ragonesi poi ce l’ho presente come fosse ora; mi dispiace sia deceduto. Ho chiesto allo SMA di farmi ritornare a visitare questa installazione, unica nel suo genere, che conosco in ogni angolo.

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  6. Buongiorno, porto a conoscenza di tutti coloro che vorrebbero rivedere i luoghi dell’ex CCS Acquasanta, dove hanno prestato il servizio militare, che la base aprirà al pubblico in occasione del centenario della FA, il 28 marzo dalle 09.30 alle 13.30. Questa perlomeno è la notizia diffusa da fonti ufficiali.
    Dimitri Ticconi

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