Sbarco di Anzio – I soldati dimenticati

La testa di ponte di Anzio

Per meglio comprendere l’intensità dei combattimenti avvenuti a Anzio e Nettuno si deve osservare innanzitutto l’esigua ampiezza della testa di ponte alleata. Questa misurava una larghezza di circa 20 Km per una lunghezza di 15 Km. In questo piccolo spazio si concentrano in quattro mesi di cruenti combattimenti ben nove divisioni alleate. Intorno a queste in un semicerchio che aveva come base le spiagge del Mar Tirreno, i tedeschi schierarono altrettante divisioni, molte di queste tra le migliori dell’esercito. Nel corso dei quattro mesi si ebbero sanguinosi attacchi e contrattacchi da ambo le parti. Questi si svolsero soprattutto nei mesi da fine Gennaio a inizio Marzo, dopodiché sul campo di battaglia scese una relativa calma. In questo periodo si ricrearono le stesse condizioni del fronte della I ° Guerra Mondiale, azioni di pattuglia, piccoli ma sanguinosi attacchi locali, per la conquista di avamposti e trincee da ambedue le parti.

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Italien, bei Nettuno, Panzerkolonne

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L’artiglierie campali e navali numerosissime trasformarono la vita dei già provati soldati in un inferno in terra. Si costruirono rifuggi sotterranei, l’unico modo per sopravvivere al fuoco tambureggiante dei pezzi d’artiglieria messi in campo dalle opposte forze. Per complicare ancora di più la vita dei soldati ci fu l’inverno, freddo e piovoso. Questo trasformò ben presto l’intera testa di ponte in un pantano fangoso. Eventualità che se da una parte evitava l’assalto dei mezzi corazzati a causa del terreno cedevole, da l’altra rendeva altamente drammatica la sopravvivenza di chi doveva vivere a l’addiaccio nelle buche e tane di volpe, causandogli gravi malattie polmonari. Come se non bastasse ci fu anche la malaria, malattia tipica dei luoghi paludosi quale era allora la pianura Pontina. Questa era incrementata anche dall’allagamento di vaste aree bonificate da parte dei tedeschi, per rendere impossibile oppure difficoltoso il movimento di truppe e carri armati nemici.

L’aviazione dei due schieramenti ebbe una parte importantissima nella battaglia di Anzio-Nettuno, è stato calcolato che nel solo giorno del 16 Febbraio (Operazione Fish Fang), entrarono in azione ben 600 aerei alleati, sul terreno agricolo di Anzio Nettuno, ossia un aereo ogni 10 mq. Le bombe alleate sganciate sulle formazioni italo tedesche raggiunsero 1200 Kg. Per ogni mq. di zona di combattimento su un fronte di 8 km. e profondità massima di 10  km.

Gli Alleati, nella stessa area, avevano organizzato 180 campi minati con 40.378 mine ma secondo i dati complessivi, si concorda nello stabilire  che nel territorio dello sbarco e su un fronte di 40 Km, i Tedeschi approntarono 73.000 mine contro le 121.000 Alleate. Ossia quattromila tonnellate di mine, calcolando il peso in 10 Kg. ciascuna, di cui tre su quattro anticarro. Dal calcolo sono escluse quelle lanciate dai Tedeschi nello specchio acqueo della zona di sbarco e del porto.

Le perdite umane furono enormi, ci sono testimonianze di G.I. americani che videro interi battaglioni tedeschi che certi della vittoria attaccavano le loro posizioni cantando inni germanici. Di fronte alle linee di un battaglione americano dopo un assalto furono contati ben 500 caduti tedeschi. Soltanto durante il grande attacco tedesco iniziato il 16 e conclusosi il 19 Febbraio ambedue gli schieramenti persero 19.000 uomini.

Scrive ancora Ennio Silvestri nel suo libro “La lunga strada per Roma”:

Di giorno gli uomini vivevano in relativa tranquillità purchè non sporgessero la testa fuori  dalle trincee per offrire un bersaglio ai tiratori scelti, rischio presente anche di notte quando i bengala rischiaravano la linea del fronte a propiziare la mira per i mortai. Raleigh Trevelyan – lo scrittore di The Fortress, il libro sulla battaglia di Anzio- si lascia vincere dalla nostalgia quando racconta “Tra le macchie di rovi spinosi e lungo gli argini dei fossi cominciava ad apparire il caprifoglio, tenendo compagnia ai narcisi e ai ciclamini: meglio guardare a distanza perchè il terreno era disseminato di mine….”. Ma presto sarebbe arrivata la primavera e con essa forse la fine della guerra orrenda in trincea, preferibile soltanto alla morte. La fine cioè dei giorni interminabili, settimane e mesi di una vita da bruti, da primitivi, circondati da nemici contro i quali era vano combattere: talpe, lombrichi, pidocchi, piattole, scarsità d’acqua potabile..ecc. E pioggia e fango! Ci fu anche qualche notte in cui si udivano colpi di cannone a intermittenza, che andavano a colpire le retrovie o quando al fronte invece, come per tacito accordo, non si sparava. E la mente andava allora alle case lontane, alle famiglie o alla donna del cuore, all’immagine della madre che spesso predomina su altri sentimenti al momento del pericolo. E una voce dapprima isolata e poi un sommesso canto corale s’accompagnava talvolta a quei ricordi struggenti: Lili Marlene di Lola Anderson “la donna più amata del mondo.” E’ un canto triste, tipico tedesco, che sa di rassegnazione, trasmesso da Radio Belgrado e comune a tutti i giovani in armi, in Germania, in Italia, nei deserti d’Africa ed Estremo Oriente, come pure in Inghiltera e in America e tradotta in tutte le lingue:

Vor den kaserme, von dem grossen Tor……………..

Tutte le sere, sotto quel fanal……………..

Certo non era sempre facile convincersi del dovere da compiere a difesa della Patria e degli ideali di libertà, come quando fu visto un branco di porci nell’atto di divorare il cadavere di un soldato insepolto attorno alla zona chiamata “Fortezza” nei pressi del Fosso della Moletta.

Oppure quando un vecchio contadino venne, in tono dismesso e supplichevole, a chiedere aiuto ad un plotone di soldati Alleati in prima linea. Chiedeva soltanto che l’aiutassero a portare fuori della grotta la bara che racchiudeva sua moglie uccisa da uno shrapnel. Egli stesso, con il legname di una baracca, aveva costruito la cassa, ma non ce la faceva a trasportarla all’esterno, ove era già pronta una fossa con una rozza croce di legno.

Particolarmente sofferta nelle postazioni ai limiti dei Wadis (in italiano Uadi- letto asciutto di un torrente) e dei fossi innumerevoli, la pioggia tradizionalmente abbondante in marzo – mese che a Roma è detto “pazzo” – allagando trincee e ricoveri. Furono, infatti, migliaia i casi di soldati mandati negli ospedali o addirittura a Napoli per le gravi conseguenze subite agli arti inferiori dalla continua esposizione al freddo,all’umidità e anche alla scarsa igiene. La patologia era chiamata “piede da trincea” “Trench foot”. Non era diversa la condizione dei soldati tedeschi, come accertato con i prigionieri catturati, altrettanto laceri e sporchi.

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Un caso lieve di “piede da trincea”
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Un soldato della prima guerra mondiale colpito dalla sindrome
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Un manifesto dell’esercito degli Stati Uniti stampato durante la seconda guerra mondiale sensibilizza i soldati sulla prevenzione della malattia:Questo è il piede da trincea, previenilo tenendo i piedi asciutti e puliti.

Tra le due linee, nella terra di nessuno, giacevano carcasse insepolte di animali uccisi dalle mine o da granate, cavalli, asini, vacche con le zampe al cielo, pecore ecc, con miriadi di mosche. Lo storico inglese Raleigh Trevelyan, arrivato ad Anzio con i Green Howard, così chiuse la descrizione “La pioggia, diventata fiume che trascinava fango, scoperchiava tombe poco profonde portando alla luce un braccio coperto dalla divisa, ora uno stivale….”

In quattro mesi ad Anzio e Nettuno caddero 50.000 uomini.

Oh, riunitevi intorno a me, camerati, e ascoltate mentre vi parlo di una guerra, una guerra….. una guerra in cui l’inferno sta appena due metri sotto di voi.

Lungo la costa, tuonano i cannoni. Oh come può morire il povero soldato?

La marcia è lenta ad Anzio…e l’inferno sta appena due metri sotto di voi.

Sia lode a Dio per questa terra conquistata che trasuda di sangue: del vostro e del mio, come se fossimo maiali macellati, e l’inferno sta appena due metri sotto di voi.

Che la morte ci aspetti, non c’è dubbio e allori trionfali noi non ne coglieremo….perchè solo le croci crescono ad Anzio…………. dove l’inferno sta appena due metri sotto di noi.

Tratto dal libro “All’inferno e ritorno” di Audie Murphy

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When the Tigers Broke Free

Pink Floyd

It was just before dawn
One miserable morning in black ‘forty four’
When the forward commander
Was told to sit tight
When he asked that his men be withdrawn
And the Generals gave thanks
As the other ranks held back
The enemy tanks for a while
And the Anzio bridgehead
Was held for the price
Of a few hundred ordinary lives
And old King George sent mother a note
When he heard that father was gone
It was I recall in the form of a scroll
With gold leaf and all
And I found it one day
In a drawer of old photographs hidden away
And my eyes still grow damp to remember
His Majesty signed
With his own rubber stamp
It was dark all around
There was frost in the ground
When the tigers broke free
And no one survived
From the Royal Fusiliers Company C
They were all left behind
Most of them dead
The rest of them dying
And that’s how the High Command
Took my daddy from me

QUANDO LE TIGRI IRRUPPERO ARDITE

Era poco prima dell’alba
un miserabile mattino dell’oscuro ’44
quando al comandante in capo
fu detto di mantenere le posizioni
Quando chiese che i suoi uomini fossero richiamati
E i generali ringraziarono
per come le altre file trattennero
i carri armati del nemico per un po’
e il caposaldo di Anzio
fu tenuto al prezzo
di alcune centinaia di vite comuni
E il vecchio Re Giorgio mandò alla mamma una lettera
quando seppe che papà era morto
era, ricordo, sotto forma di pergamena,
con la foglia d’oro e altro
ed io la trovai un giorno
nascosta in un cassetto di vecchie fotografie
ed i miei occhi si inumidiscono ancora a ricordare
Sua Maestà firmò
con il suo sigillo di gomma
L’oscurità avvolgeva tutto
quando le tigri irruppero ardite
e nessuno della Compagnia Reale Fucilieri C sopravvisse
furono tutti abbandonati
la maggior parte di loro morti
gli altri morenti
ed è così che l’alto comando
portò il mio papà via da me

Non solo i militari soffrirono e morirono per l’intensità dei combattimenti, anche la popolazione civile ebbe la sua parte di sofferenze come ho scritto in Paulus, “Ich bin tot at Velletri!”

Queste sono soltanto cifre, immaginate però l’inferno in cui furono traghettati i giovani soldati del “Barbarigo”, del “Nembo”, delle SS “Degli Oddi”. Ragazzi, per la maggior parte imberbi studenti. Tutti volontari che si erano arruolati per partecipare a questa avventura. Il motto, bordato di tricolore, stampato sul bracciale da polso, cucito sulla manica dell’uniforme dei Parà del Nembo e della Folgore, portava scritto “8,9,1943 Per l’Onore dell’Italia“. Ideali e valori che alla fine costarono a moltissimi la morte e a tutti loro l’oblio della storia.

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3 risposte a "Sbarco di Anzio – I soldati dimenticati"

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  1. Quella merda di Bersani ache è insorto perchè venga rimossa la foto di Mussolini dal MIse, già Ministero delle corporazioni, sappia che L’Italia di Mussolini seppe forgiare ragazzi di questo tipo,la democrazia ha prodotto solo drogati, rappers , scansafatiche e mignotte di ognio genere!

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